Attualità e Notizie

Camicie blu per servire l’ammalato
inserito il 23.08.2014

I brancardiers (e le infermiere) dallo sguardo di un medico...

Scrivo dalle mie vacanze o almeno da quella parte delle vacanze che come consuetudine da molti anni scelgo di trascorrere a Lourdes. Un lungo viaggio in cui mi estraneo da me stesso e dalle mille attività e preoccupazioni quotidiane per accompagnare gli ammalati. Tutti gli anni si ripete la stessa storia: parto agli sgoccioli delle forze per l’anno di lavoro che mi lascio alle spalle, però, nonostante le levatacce e le interminabili giornate, me ne ritorno sempre un po’ meno stanco e un po’ più ricco di come ero partito, ritrovando una parte di me stesso che avevo dimenticato o perduto per strada chissà dove, riscoprendomi parte di un’umanità che come me e con me ricerca e assapora qualcosa di più grande e superiore.

Poco propenso alle novità tecnologiche, non sono il tipo da scattare selfie o immagini fotografiche della mia esperienza da trasferire in tempo reale a amici e simpatizzanti, ma mi piacerebbe ugualmente riuscire a consegnare a chi è restato a casa delle fulminee istantanee di quanto sto vivendo, con questo mio scritto, ai tempi in cui le cartoline non si usano più.

Siamo partiti con il treno domenica scorsa. Eravamo in 480: con i miei colleghi abbiamo formato un drappello di 16 medici per sostenere e alleviare le fatiche fisiche degli 81 ammalati, che tra  aggiunte e cancellazioni frenetiche dell’ultima ora, hanno realizzato il loro desiderio di esserci.

Per molti di loro, il Pellegrinaggio a Lourdes rappresenta la più bella gita dell’anno, per alcuni l’unica gita fuoriporta, per tutti rappresenterà un bel ricordo, che darà loro un po’ di forza e un raggio di sole per affrontare in maniera trasformata la loro faticosa condizione, al loro ritorno a casa.
Ma non è di loro che desidero raccontare, né di me, né della grotta, né delle solenni e partecipate funzioni di cui leggete in questi giorni il resoconto dettagliato e coinvolgente dalle pagine di questo giornale.

Vorrei puntare i riflettori sul popolo semplice e operoso delle camicie blu: i volontari dell’Ospitalità di Lourdes. I cosiddetti brancardiers. Sono maschi e femmine, sono 2 per ogni malato. Sono così ordinati e silenziosi da passare inosservati agli occhi di molti, sebbene in decisiva maggioranza numerica. Si occupano del trasporto degli ammalati, ma non solo.

Sono costantemente attivi in una miriade di funzioni, dalle più faticose alle più umili: hanno compiti di sorveglianza, pulizia dei locali, approvvigionamento di cibo e materiale, risoluzione di problemi pratici. In particolare sono l’angelo custode in carne e ossa dell’ammalato: non lo abbandonano un solo istante, si preoccupano di non fargli mancare nulla e sono sempre attenti a capire cosa può essere utile o gradito al loro assistito, cosa può rendere questo soggiorno più semplice, accogliente, gradevole per chi è meno fortunato.

Un medico come me ha l’occhio clinico, allenato a cogliere ogni minimo particolare dei comportamenti umani. Nel loro agire non riesco a individuare un minimo cenno di forzatura, il più lieve accenno a un momento di stanchezza, di insofferenza, di perdita della pazienza e dell’entusiasmo. Giovanissimi e meno giovani quello che mi colpisce di più in tutti i volontari è quell’inestinguibile sorriso.
Non si sa precisamente da dove arrivi e come sia possibile che continui a brillare dalle 5 del mattino (quando si alzano per approntare i preparativi per la lunga giornata) sino alla mezzanotte (quando, addormentato l’ultimo degli ammalati, hanno finito di fare ordine e rassettato gli ambienti per il giorno dopo). È un sorriso che scaturisce da dentro e sboccia all’esterno con la dirompenza inarrestabile, la bellezza e la purezza dell’autenticità.

Chi mi conosce di persona sa che non sono un mattiniero, diciamo che i miei ritmi vitali si assimilano più a quelli della civetta che a quelli dell’allodola e gli amici stretti alla mia partenza amano fanno scherzose allusioni su come potrò riuscire a adattarmi alle sveglie antelucane che il programma quotidiano del pellegrinaggio impone.
Ebbene, in tutta sincerità, durante i giorni di questa speciale vacanza, è per me una gioia levarmi di buon mattino, per affiancare queste persone che mi salutano cordialmente e non mi fanno mai mancare un sorriso.

Mi compiaccio a osservare come i volontari parlino ai pellegrini ammalati con cura e rispetto, senza perdere un’occasione per pronunciare una buona parola, un incoraggiamento, una battuta delicata, ma soprattutto la disponibilità più totale e l’attenzione con cui li ascoltano. Una disponibilità che ho potuto ritrovare anche in Mons.
Valerio Lazzeri, quest’anno al suo primo pellegrinaggio in veste di Vescovo, che si è saputo fare piccolo con i piccoli e umile con gli umili, avvicinandosi singolarmente a ognuno dei pellegrini e dedicando a ciascuno un po’ del suo tempo prezioso. Tutto questo, riuscendo a trovarne ancora un po’, non si sa dove, ma anche questo è uno dei tanti miracoli di Lourdes, per scrivere le toccanti e profonde omelie che dispensa a edificazione di noi tutti nella Messa quotidiana.

Ecco: qui finiscono le mie istantanee di viaggio. Spero di avervi trasportato per qualche minuto con me, tra la polvere e il sudore del faticoso viaggio e le volute dell’incenso che si innalza al cielo durante le liturgie solenni, portando con sé lassù tutto quanto il resto. Mi è venuto in mente che il popolo blu dei volontari era così efficiente e organizzato, così semplice e silenzioso, che magari non ci si accorgeva della loro presenza, che magari ci si dimenticava di elogiarli e ringraziarli. Tutto qui. Volevo semplicemente dirgli il mio GRAZIE!

(di Franco Denti - medico, articolo tratto dal GdP del 22.08.2014)



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