Santa Bernadette colpiva gli astanti per il modo con il quale faceva il segno della croce. Per i pellegrini e per noi che li seguiamo spiritualmente sarebbe meraviglioso se ci abituassimo a segnare la nostra persona con quella croce che ci ricorda che siamo immersi nella vita della Trinità per sempre. Un segno di croce affrettato (come quello dei giocatori di calcio o dei ciclisti, che sembra un gesto scaramantico) va per principio escluso. Meglio non farlo che farlo male. Nella celebrazione di preparazione al pellegrinaggio tenuta a Giubiasco l’11 agosto si è contemplato il Crocifisso di San Damiano, che invita non solo Francesco, ma anche noi a “restaurare” la Chiesa. Francesco ha capito il senso di quell’invito incontrando i lebbrosi. Anche noi lo attuiamo nel riconoscere il Cristo nel prossimo, nel “guarirlo” ascoltandolo, sollevandolo, dandogli una speranza nuova. Il pellegrinaggio a Lourdes è fonte di conversione perché stringe tutti attorno ai malati. Ma anche i pellegrini che si confidano a vicenda le loro pene si aiutano, si confortano. Il miglior modo per aiutare sé stessi è quello di aiutare gli altri. A Giubiasco si è cantato: “Ogni uomo semplice porta in cuore un sogno e, con amore e umiltà, potrà costruirlo”. Il nostro è certo un tempo difficile, ma non è tempo per scoraggiarci, anzi! I pellegrini ci riporteranno una ventata di ottimismo e di serenità. Uniti a loro vogliamo combattere per il “restauro” della Chiesa e del mondo. Ogni volta che compiamo il segno della croce, in privato come in pubblico, cerchiamo di percepire in esso l’impegno a vivere con coraggio la nostra vocazione cristiana che ci rende attenti al fatto che ogni nostro gesto positivo contribuisce a rinnovare il mondo.

(di don Sandro Vitalini, articolo tratto dal GdP del 17.08.2010)

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