Attualità e Notizie

Un’Ave Maria che cambia la vita
inserito il 25.08.2012

L’incontro: Nella comunità di recupero per tossicodipendenti il “Cenacolo” di suor Elvira.

È una storia che ti lascia a bocca aperta quella che si tocca con mano entrando nella comunità “Cenacolo” a Lourdes. Sulla collina appena retrostante la Basilica e la Grotta, tanto vicina che il canto delle preghiere arriva sino a lì, 38 giovani e adulti giunti sul fondo di un’esistenza fatta di tossicodipendenza e di marginalità stanno ritrovando pienamente se stessi.

Franco è uno di loro. Meglio: è stato uno di loro. Era arrivato nella comunità di Saluzzo, la casa madre vicino a Cuneo fondata da Suor Elvira, alla fine degli anni 90. Nel 2000 era stato mandato a Lourdes, dove stava sorgendo una nuova comunità, per dare una mano in lavori di carpenteria. Lì si è fermato. Lì la preghiera e il lavoro lo hanno aiutato a “riemergere”. Ha incontrato una donna di nome… Bernadette, divenuta sua moglie. E oggi assieme conducono questa comunità.

Ci aspetta all’entrata del nostro albergo per portarci al “Cenacolo”. Abbiamo già scritto su questo giornale la storia di Suor Elvira: una donna che nel 1983 è partita con la prima casa di recupero per tossicodipendenti a Saluzzo. La Provvidenza l’ha portata a creare nel frattempo qualcosa come 59 case aperte in molti paesi del mondo. Ha costituito un ordine riconosciuto di recente da Roma, al quale già 30 giovani donne hanno aderito, diventando suore.

Sì, la Provvidenza, perché qui tutto è mosso dalla Provvidenza. Prendiamo l’esempio della costruzione della comunità di Lourdes. «Suor Elvira – ci racconta Franco – aveva individuato un terreno con una fattoria ormai in decadimento. Il costo? Un miliardo e 250 milioni delle vecchie lire (anni 90)! Soldi che proprio non c’erano. Ma il terreno era bello, e Suor Elvira aveva capito che una comunità di recupero vicino al Santuario mariano aveva una forza straordinaria (come constatato anche a Medjugorie). Per questo, così, ha deciso di lasciare su quel terreno decine e decine di medagliette della Madonna di Lourdes. Dalla casa “Fraternité Sainte Thérèse”, che accoglie un gruppo di donne ex tossicodipendenti, è partita una novena di preghiera. Cosa succede?
Dopo 5 giorni suor Elvira riceve un assegno di 250 milioni di lire, un quinto del necessario. Al termine della novena viene chiamata da una persona: il marito appena morto aveva lasciato in eredità un miliardo di lire da destinare a Suor Elvira!». Proprio il prezzo della proprietà. Ma Franco potrebbe raccontarci centinaia di questi episodi (anche se questo è sicuramente tra i più eclatanti).

Ma chi viene accolto in comunità?
«Da noi arrivano ragazzi o uomini che hanno toccato il fondo e che hanno già alle spalle esperienze fallite in altre comunità di recupero. Per chi vuole entrare chiediamo una prova di 5 giorni: rimangono da noi dalle 9 alle 17, poi escono di sera e di notte (accompagnati solitamente da un parente che rimane accanto a loro). Al termine di questa prova si prende una decisione assieme. Se il ragazzo dimostra la volontà di continuare e di seguire le nostre regole, allora per lui la porta è aperta». Il percorso terapeutico qui al Cenacolo si basa… sulla preghiera e sul lavoro.

Al Cenacolo non si fuma e non si bevono alcolici. Al Cenacolo ci si incontra in cappella ogni mattina per la recita del rosario e per la lettura del vangelo, commentato a turno da almeno 3-4 ospiti. Poi al Cenacolo durante la giornata si lavora. Ognuno ha i suoi compiti: chi in cucina; chi in fattoria con gli animali; chi nell’orto, ecc. Al Cenacolo c’è una messa ogni mercoledì alle 18 e la messa domenicale. È un cammino di fede attraverso il quale prendere consapevolezza della propria misura di uomo, di persona che vuole tornare a vivere una vita normale e inserirsi poi, da solo, nel mondo. «Non precludiamo l’entrata a persone non credenti o di altre fedi. Da noi vengono atei e musulmani.

Noi mettiamo al centro la persona, il suo bisogno convinto di recuperarsi come uomo», sottolinea Franco. Ogni nuovo “ospite” ha un suo “angelo custode”. Si tratta di un altro ospite giunto ad una maturazione personale tale da essere in grado di seguire, passo passo, il lavoro di recupero del nuovo amico.

«Quel Crocifisso emblema della nostra storia»
Nella splendida cappella, che fa parte integrante dell’altrettanto bella casa ristrutturata dagli stessi ospiti (non si pensi dunque che queste persone vivano in condizioni abitative precarie, anzi) un grande crocifisso in ebano, legno pregiato. «Lo abbiamo trovato completamente distrutto e disseminato in tre sacchi dalle spazzatura». Un… povero Cristo, «simile alle nostre vite andate a pezzi, ma Qualcuno ci aiuta a trovare un posto nella nostra vita», dice Franco. E così è stato deciso di tentare di recuperarlo. Un lavoro difficile per chi non è del mestiere. Un anno dopo questo ritrovamento in un’altra comunità è entrato un restauratore. È stato trasferito a Lourdes e in 6 mesi ha ridato splendore ad un oggetto interessante anche sotto l’aspetto artistico.

«La prima Provvidenza è il nostro lavoro»
Appena giunti nella tenuta del Cenacolo un ragazzo ci viene incontro con un bicchiere di succo d’arancio. Il suo volto è sorridente e dimostra la sua felicità per questa occasione di incontro. Attorno a noi un bell’edificio in sasso a forma di ferro di cavallo. Giocando sulle aperture delle finestre, in una delle due facciate esterne è stato creato un sorriso; qui al piano superiore abitano i ragazzi («sono camere con più letti; da noi non vogliamo che qualcuno si ritrovi da solo nella notte», sottolinea Franco); c’è la cucina, il refettorio, la cappella. A poca distanza, c’è l’abitazione di Franco e di sua moglie, con altri locali destinati ad eventuali ospiti, come suor Elvira che è vicina nonostante l’età, a tutte le sue comunità. In quella che era una porcilaia è stata realizzata una sala multiuso. Poi tanti prati ben curati, un campetto di calcio, le stalle per maiali, pecore e mucche, un grande orto. «I nostri ospiti si occupano di tutto. Questo lavoro è il primo segno della Provvidenza, che si manifesta però generosa in tante occasioni, permettendo il nostro sostentamento».

Non riceve sussidi questa struttura, eppure può dimostrare una riuscita nella terapia altissimo. «Da noi le persone possono rimanere anche 3-4 anni, seguendo un loro percorso personale. Almeno l’80% degli ospiti è figlio di genitori separati. Ma accanto alla preghiera che conduciamo qui in comunità, per ogni ragazzo sappiamo che almeno un famigliare prega per la riuscita di questo percorso. Fuori ci sono gruppi di parenti che si incontrano regolarmente per scambiarsi le esperienze vissute in quanto famigliari di ragazzi tossicodipendenti. Per darsi forza nella preghiera». E questo metodo, fondato sul lavoro, basato sulla preghiera, sull’aiuto reciproco tra ex tossicodipendenti per cui non vi è alcuna necessità di operatori porta ad un successo per almeno 8 su 10 uomini che varcano stabilmente le comunità di Suor Elvira. E scusate se è poco...

(di Gianmaria Pusterla, articolo tratto dal GdP del 24.08.2012 / foto I. Cavaliere)



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