Attualità e Notizie

Testimonianza
inserito il 23.08.2012

Franco Denti, responsabile dell'équipe medica per il nostro pellegrinaggio e Giovanni Galli, responsabile dei brancardier.

Quella benefica visita alla Grotta
Franco Denti: Il capo del settore medico

È la prima notte all’ospedale. Di turno c’è il dottor Franco Denti (le fa tutte lui, le notti…), responsabile dell’équipe medica che accompagna i pellegrini. Con lui 7 volontari, 4 brancardier (Jonatan, Ivano, Gottardo, Enrico) 3 infermiere (Michela, Antonella, Gertrud) che “sorvegliano” i circa 90 ammalati. Il turno, per loro, è iniziato alle 22 e terminerà domani (ieri, ndr) alle 6.30.
È da poco passata l’una di notte e la piccola équipe ha appena risolto un paio di situazioni, che rientrano comunque nell'“ordinaria amministrazione”. C’è il tempo per un caffè. L’ambiente è veramente amichevole, gioviale. Siamo nel refettorio che si colloca al quarto piano di questo nuovo ospedale che si trova dall’altra parte del fiume Gave. Sui due “fianchi” del refettorio i due settori che accolgono le camere con gli ammalati della Svizzera italiana. «È un ospedale di concezione moderna. Una struttura “leggera” in cartongesso»  ci spiega Denti. «È molto funzionale, pensato proprio per gli ammalati: camere con ossigeno, toilette spaziose. Nessun fronzolo ma tanta sostanza. In un solo anno hanno costruito un complesso che può ospitare centinaia e centinaia di pazienti. Avrà una vita breve, ma sarà pronto per essere demolito e poi ricostruito senza una spesa colossale. Come invece avviene da noi», chiosa Denti, che non può esimersi da considerazioni di politica sanitaria visto anche il ruolo di presidente dell’Ordine dei medici del canton Ticino e la sua funzione pubblica di deputato in Gran Consiglio.
Intanto Ivano, un brancardier di servizio durante la notte, avanza la richiesta di andare alla Grotta. È il momento migliore, quello notturno, perché davvero vi è l’assoluta tranquillità e si entra in contatto in maniera quasi totale con l’effigie della Madonna. Ma come? Lasciare l’ospedale mentre si è di picchetto? «Se la situazione è tranquilla, come lo è effettivamente ora, è bello che i volontari a scaglioni  certo non tutti assieme…  possano vivere questa esperienza di preghiera», ci spiega Franco Denti. «Anche perché è l’aspetto che dona un surplus a queste persone, animate da uno spirito caritatevole alimentato dalla ricerca di un significato profondo della nostra e altrui esistenza».

 

«Quanta forza da questi 7 giorni»
Giovanni Galli: Il capo dei brancardier

È il suo 25esimo pellegrinaggio. Il primo fu 30 anni fa, nel 1982. Un anno di ricorrenze per Giovanni Galli, giornalista del Corriere del Ticino, capo settore della politica cantonale. Dal 2009 Giovanni è responsabile del gruppo brancardier, funzione che lo ha portato ad entrare nel comitato dell’Ospitalità di Lourdes. «Quest’anno i brancardier (ossia quei volontari uomini che si occupano dei pellegrini ammalati, ndr) sono circa 80, mentre le infermiere sono circa 140. Il mio compito è di organizzare i vari spostamenti che gli ammalati compiono durante la giornata, affinché sia assicurato un servizio personale ad ogni ammalato». Il suo lavoro, oltre ad alcune riunioni durante l’anno per organizzare il pellegrinaggio, inizia il sabato mattina con la preparazione del treno alla stazione di Chiasso e termina quando, sempre a Chiasso, il treno viene “smontato”. «Da alcuni anni  ci racconta  sono un po’ passato dietro le quinte, nel senso che non ho più il contatto diretto, quotidiano, minuto per minuti si potrebbe dire, con gli ammalati. E un po’ mi manca, anche se dà comunque soddisfazione constatare che tutto funziona perfettamente». Ma quale significato dai a questa tua partecipazione ormai così frequente al pellegrinaggio? «Personalmente Lourdes mi permette di fare un bagno in una realtà che normalmente non posso vivere, presi come siamo dalle nostre quotidiane attività. È la realtà della sofferenza, a volte non solo fisica, che ti fa ricordare quali sono le cose importanti della vita. Ho sempre qualcosa da imparare vivendo queste situazioni e il coraggio con cui gli ammalati affrontano la loro malattia è fonte di insegnamento. Molti degli ammalati presenti qui a Lourdes vi ritornano ormai da 2030 anni. Hanno sempre un sorriso da regalarti. Questa esperienza di fede e di volontariato mi arricchisce».

Così come è arricchente, per Giovanni, poter constatare che ogni anno vi sono almeno una ventina di nuovi volontari (quest’anno sono 28), uomini e donne, che accompagnano gli ammalati. Molti sono giovani. Sono loro a rappresentare la continuità di questo cammino.

(di Gianmaria Pusterla, articolo tratto dal GdP del 22.08.2012 / foto I. Cavaliere)



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